L’Italia è il primo produttore di gelato nell’Unione Europea: copre da
sola un quinto (19%) del consumo comunitario di 3,2 milioni di litri. Siamo i
primi al mondo per numero di gelaterie (39.000 stimate sulle circa 100.000 nel
mondo, per un fatturato di circa 15 miliardi, in crescita del 4% annuo dal
2015). Il mercato estero è una sicura opportunità, a detta di molti operatori.
A Sigep 2018 va in scena Going Global, convegno organizzato da Sistema Gelato, che da 15 anni offre consulenza sull’internazionalizzazione alla filiera del gelato italiano. Il tema è: aprire una gelateria negli Stati Uniti. Antonio Verga Falzacappa, amministratore di Sistema Gelato, spiega: «L'appeal del prodotto italiano all’estero è alto: è apprezzato in mercati dove è già conosciuto ma poco diffuso e incuriosisce nei paesi dove non è radicato anche per il traino del made in Italy». Il portale www.sistemasigep.com mette in contatto chi sta avviando una gelateria all’estero con i fornitori italiani di arredi, macchinari e ingredienti, e ha una sezione dedicata al franchising. La crescita degli operatori ha reso più golose le opportunità oltre confine. Grom ha puntato sui punti vendita diretti, Amorino sul franchising (è in Europa, Asia, Africa, Nord America), altri alla concessione del marchio.
Aprire all’estero, però, non è per tutti. «L'impresa-gelateria italiana è
piccola e a gestione familiare, mentre l’iniziativa all’estero richiede
“muscoli” finanziari e manageriali», spiega ancora Falzacappa. Due i trend: il
gelatiere italiano che vuole internazionalizzarsi e gli imprenditori e
investitori esteri che intendono sviluppare il gelato nei loro paesi, spesso
economie in crescita, e cercano formule da replicare». Due modi di affrontare
la questione. «Conta molto l’attenzione a marketing e comunicazione, perché nei
mercati diversi dall’Italia non c’è cultura del gelato». Il rischio è fallire
anche con un prodotto ottimo.
Concorda Claudio Corbetta, responsabile franchising di Pangea Retail,
società che sviluppa reti commerciali dirette e in franchising in Italia,
Francia e Spagna: «Se c’è valore nel prodotto l’internazionalizzazione
funziona, meglio con un brand nuovo. Quanto alla formula meglio aprire prima
uno o due punti diretti, per verificare le criticità operative, e poi proporre
un brand a un affiliato».
Incrociando studi e riflessioni degli esperti, i fattori di successo
sono: lo studio attento della location e dei flussi, diversi da quelli
italiani; il posizionamento del prodotto, perché bisogna sapere chi lo compra;
le modalità di consumo; i rapporti con il personale, che in alcuni Paesi hanno
un turnover velocissimo e impongono di standardizzare i processi. Fondamentale
allargare l’offerta: il gelato da solo può non bastare, meglio includere
cioccolato e caffetteria.
E quali sono i luoghi più interessanti? Ancora Falzacappa: «In Europa la
Germania, secondo mercato del gelato con una tradizione mutuata
dall’immigrazione italiana, la Polonia e il Portogallo, in crescita economica e
con alti flussi turistici. Gli Usa hanno potenziale ma sono difficili:
l’investimento medio è alto. Sud-Est e California più appetibili per l'alto
flusso turistico. Disomogeneo il Sudamerica, con l’Argentina forte di una
conoscenza del gelato portata dagli immigrati italiani e il Brasile, in
difficoltà economica, ma in cui il gelato inizia a diventare trendy. In standby
Cina, India e Corea del Sud: c’è potenziale per catene che vogliono sviluppare
reti commerciali con partner locali».
La Spagna, secondo Corbetta di Pangea Retail, è il gioiellino in Europa.
«Ci sono condizioni favorevoli: più città medie rispetto all’Italia, con bacini
d’utenza rilevanti e mercato immobiliare approcciabile, burocrazia è snella,
maggiore flessibilità nel rapporto con i dipendenti e spazi interessanti nelle
stazioni e negli aeroporti». Secondo Alessio Gambino, Ceo di IBS Italia,
società di consulenza sull'internazionalizzazione, il gelato artigianale
italiano ha opportunità dove è conosciuto ma scarso, meno dove non è ancora
inserito: «Anche se sembra un business facile da esportare, non è così.
L’importante è sbarcare all’estero senza improvvisare, con l’ottica di un’azienda
moderna».
Quali infine i passi per aprire una gelateria all’estero? In sostanza
quattro: partire da un'indagine di mercato, magari facendosi aiutare dall’Istituto
del Commercio Estero o da una società di consulenza; studiare le regole del
lavoro, l'inquadramento dei dipendenti, retribuzione e contributi; conoscere
gli aspetti societari e di diritto privato; essere subito operativi e attenti
agli aspetti pratici e di comunicazione, troppo spesso trascurati.
Ernesto Brambilla
Mattia Distaso